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Una ricerca sulla biodinamica smentisce gli attacchi della senatrice Cattaneo. Scienza di regime contro libertà scientifica

La senatrice Cattaneo, già nota per i suoi attacchi alla biodinamica, attacca ora tutta la bioagricoltura dalle pagine di Repubblica: non si può fare su larga scala ed è piena di deroghe e truffe. Continua poi che i prodotti bio costano di più e questo non è giustificato, visto che hanno la stessa qualità degli altri. Questi “consigli per gli acquisti” non paiono disinteressati, somigliano a neri auguri di buon anno Bigfarma. A queste posizioni ideologiche e faziose risponde la ricerca scientifica. Uno studio appena pubblicato (in European Food Research and Technology, 2017, i. factor 1.664) compara i polifenoli di mele convenzionali e biodinamiche in regioni italiane diverse: i risultati confermano che sempre i polifenoli si sono sviluppati maggiormente nelle mele biodinamiche e questo merito viene attribuito al metodo biodinamico. Del resto una meta analisi (in Brit. J. Nutr., 2014) ha esaminato ben 343 ricerche validate da riviste scientifiche, da cui emerge la presenza di maggiori componenti nutrizionali nei prodotti bio. Per non dire della mancanza di sostanze nocive nelle urine di chi mangia bio, anche dopo pochi giorni.

Cattaneo rassicura che il glifosato si può mangiare: è tossico solo dall’equivalente di 0,5 milligrammi per kg corporeo e probabilmente non è cancerogeno. Probabilmente? Sommessamente mi chiedo: se mi dicessero che il cibo che sto per mangiare probabilmente è sano, ma non è certo, lo mangerei? Lo farei mangiare ai miei figli? Cattaneo comunque ci dice che il glifosato è necessario, perché gli agricoltori biologici (che del glifosato fanno a meno) non possono sfamare il mondo. Spericolata affermazione, visto che la FAO dal 2002 informa che il bio potrebbe già oggi sfamare il pianeta, se diminuissero spreco ed eccessi alimentari. Ma certo bisognerebbe indirizzare ricerca e formazione verso le produzioni contadine rigenerative, invece che finanziare gli interessi multinazionali. Su questo dubito troveremmo Cattaneo interessata.

L’equiparazione che fa Cattaneo tra gli studi Iarc (il glifosato è probabilmente cancerogeno)ed Efsa (il grlifosato probabilmente non è cancerogeno) non ha rigore scientifico. Cattaneo comunque sposa Efsa, ma la sua stessa equiparazione tra le valutazioni Efsa e Iarc è priva di rigore. Lo Iarc ha utilizzato rigorosamente ricerche scientifiche pubblicate da riviste accreditate ed esaminato i prodotti effettivamente in commercio. La valutazione Efsa, invece, è per prassi un ibrido tra esame scientifico e decisione politica ed è stata formulata “pariteticamente” dall’Efsa e dagli stati nazionali, anche sulla base delle relazioni non pubbliche delle ditte produttrici di glifosato. Efsa ha esaminato solo il principio puro e rimandato ad altri studi l’esame dei prodotti in vendita a base di glifosato che, ammette, hanno manifestato un rischio cancerogeno. L’Istituto Ramazzini, l’ente che in Italia indaga sugli effetti a lungo termine del glifosato, ha definito le conclusioni Efsa atte a “sconvolgere l’intero assetto istituzionale che garantisce ai cittadini una valutazione del rischio chimico corretta ed eseguita con una metodica ormai consolidata da decenni di riscontri e conferme”. Cattaneo non lo dice e imbonisce i cittadini che il glifosato è classificato pericoloso al pari di carne, salumi e vino made in Italy. Sembra il gioco delle tre carte. Non spiega infatti che essere in una stessa lista di sospettati, non significa essere ugualmente dannosi, come dimostra il fatto che nessuno porrebbe il limite di ingestione del made in Italy a mezzo milligrammo per kg corporeo, come l’Efsa fa per il glifosato. Purtroppo l’illuminismo può essere ridotto a mero espediente dialettico e non sbagliava la scuola di Francoforte ad avvertire che ai nostri tempi la scelta non è tra antiscienza e scienza, ma tra scienza libera e scienza di regime.

Carlo Triarico, dicembre 2017

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