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Nella Cittadella di Expo un polo innovativo per la bioagricoltura

CORRIERE DELLA SERA - giovedì 22 ottobre 2015

Ecologia. Il nostro Paese è già oggi leader del settore nonostante il grave ritardo accademico e istituzionale. Per questo abbiamo bisogno di un parco scientifico che faccia da propulsore.

Caro direttore, seguiamo e raccogliamo l’importanza del dibattito avviato dal Corriere sulla destinazione dei luoghi di Expo 2015. Rappresentiamo 50 mila aziende biologiche e biodinamiche italiane, con un fatturato di oltre 3 miliardi di euro, estese ormai sull’11,2% della superficie agricola nazionale. Condividiamo l’urgenza di una scelta che capitalizzi i grandi sforzi compiuti dal Paese su Expo, perché oltre Expo resta l’impegno a nutrire il Pianeta di cibo, idee e pratiche nuove. Il nostro Paese è già oggi leader della bioagricoltura, nonostante il grave ritardo istituzionale e accademico. Valorizzando la sussidiarietà, l’Italia avrebbe tutte le caratteristiche per proporsi al mondo come la piattaforma di una grande innovazione agraria e industriale in senso ecologico. Per questo il settore del biologico e biodinamico ha messo il massimo impegno nel fare la sua parte in Expo, animando l’Area della biodiversità con Bologna Fiere, proponendo contenuti, urgenze e soluzioni. Il settore è oggi determinato a far sorgere un’istituzione di ricerca e alta formazione e vuol metterla a disposizione del Paese, con l’auspicio che diventi parte qualificante di un grande hub per l’innovazione, dove oggi sorge Expo 2015. Vogliamo raccogliere e coltivare ciò che può rispondere ai principali problemi del pianeta e portare l’Italia a diventare il polo più avanzato per le nuove tecnologie dell’ambiente. Al Forum internazionale del bio, che è stato fondato in Expo, sono giunti contributi scientifici dal mondo più avanzato, ma è apparso a tuffi chiaro che non ci sono istituzioni vocate all’agricoltura a sud delle Alpi. Occorre quindi un’istituzione partecipata per rispondere, con azioni concrete, alla richiesta pressante di sfamare il mondo, salvare il patrimonio rurale, risanare l’ambiente, procurare energie rinnovabili, sviluppare tecnologia sostenibile. Abbiamo creato nostre strutture, ma vogliamo fondare un’istituzione che dia vita a istituti di ricerca partecipati dagli agricoltori, a una formazione professionale seria, a scuole, a corsi di laurea in biologico e biodinamico, così come oggi auspica il ministro dell’Agricoltura Martina. Per questo noi ci candidiamo al tavolo di lavoro per il dopo Expo. Facciamo dunque sorgere nei luoghi di Expo, in una cittadella dell’innovazione, i servizi, gli studi e la formazione per l’agricoltura biologica e biodinamica. Lo stesso parco divenga il luogo per il miglioramento della bioagricoltura e si diffonda il modello in altre regioni del Paese. Abbiamo bisogno di sementi pensate per il nostro metodo agricolo, con una grande adattabilità all’ambiente, con una forte agrobiodiversità, invece di essere costretti a usare mezzi più adatti all’agricoltura convenzionale. Utilizziamo ancora troppo le fonti energetiche fossili e invece servono macchine a risparmio energetico, con una forte presenza delle fonti rinnovabili. Dobbiamo prepararci ai cambiamenti climatici, con tecniche che rispondano alla desertificazione e alle alluvioni. Occorre una ricerca per aumentare il valore nutrizionale degli alimenti, la loro durata, la vitalità e, dove necessario, le rese. Servono studi e competenze per eliminare l’uso agricolo di sostanze tossiche, di cui non ci sarebbe bisogno se ci fosse conoscenza. Dobbiamo ricercare modelli alimentari che incidano positivamente sulla salute. Bisogna studiare nuovi criteri e analisi della qualità e della vitalità degli alimenti. Bisogna diffondere una cultura d’impresa a impatto sociale per garantire la sostenibilità delle aziende agricole in connessione col mondo economico. Dobbiamo recuperare la cultura alimentare fin dall’infanzia, progettare le vie della sostenibilità per le sane pratiche agricole, artigianali e industriali. Da subito occorre lavorare a nuovi modelli di sviluppo, che siano esemplari ed esportabili su scala internazionale. Per tutto questo occorrono un piano sistemico e partecipativo, risorse e strutture. Pur senza un’azione di sistema, l’agricoltura biologica e biodinamica italiana sta innovando profondamente la coralità e questo ha portato a fatturati che, in tempi di crisi, aumentano annualmente con percentuali a due cifre. È una ricetta che va resa forte nel Paese. Ma occorre far presto, lo stato dell’ambiente, la dispersione delle competenze professionali, la progressiva chiusura delle aziende storiche impongono investimenti in bioagricoltura, per l’urgente messa in campo della sapienza e la sua applicazione nelle politiche di sviluppo.

Carlo Triarico (Presidente Associazione agricoltura biodinamica) Vincenzo Vizioli (Presidente Aiab) Federico Marchini (Presidente Anabio Cia) Duccio Campagnoli (Presidente Bologna Fiere) Ignazio Garau (Direttore Città del Bio) Paolo Carnemolla (Presidente FederBio) Paolo Parisini (Presidente Fnp Agricoltura biologica di Confagricoltura) Maria Grazia Mammuccini (Vicepresidente Navdanya International)

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