L’OSSERVATORE ROMANO, 16 ottobre 2019, pagg. 1 e 3, di Carlo Triarico.
La Giornata mondiale dell’alimentazione
Ripensare le relazioni internazionali
Carlo Triarico a pagina 3
pag. 3
235Q03Z1 16/10/2019
Il 16 ottobre la Giornata mondiale dell’alimentazione
Costruire nuove relazioni internazionali basate sull’equità e la solidarietà
di Carlo Triarico
La questione alimentare, al centro della Giornata mondiale dell’alimentazione del 16 ottobre, passa anche attraverso la costruzione di nuove relazioni internazionali, basate sull’equità e la solidarietà. Vale per le foreste e le grandi pianure del pianeta. Foreste come quella amazzonica, o quella pluviale del Congo ci preoccupano come riserva di biodiversità, trascurando però che sono il bacino irripetibile di umanità, che costituisce lo spirito, inscindibile dall’essenziale, di quelle terre.
Le grandi aree a cui affidiamo il futuro respiro della terra sono spesso anche le più povere e affamate e per questo le più a rischio: in America, Asia e Africa la grande ricchezza naturale risiede spesso in paesi depressi e sistematicamente depredati. Per questo la responsabilità ambientale per i polmoni della Terra non può essere scissa da azioni esemplari di ecologia integrale, dallo sviluppo umano integrale e dalla centralità del modello di sviluppo, con le sue insostenibili ingiustizie e lo sterminio in corso per fame nel mondo.
Possiamo conseguire il raggiungimento dell’obiettivo fame zero degli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile dell’Onu (Sdg), se sapremo rielaborare in chiave nuova le relazioni imposte dalla globalizzazione, consapevoli che esse hanno già mutato scenari e confini. Occorre concepire che la relazione atlantica dell’Europa non si fermi al Nord America, ma raggiunga anche il Centro e il Sud del continente in una nuova prospettiva degli equilibri mondiali, costruita intorno agli ultimi. È divenuto evidente in questi giorni in Amazzonia, che la spiritualità che risiede nei popoli è centralità e può divenire il fondamento per una cura integrale della casa comune.
Lo stesso vale per l’Africa. La relazione della vecchia Europa col Mediterraneo, debole di prospettive e forte di attenzioni tante volte predatorie su un continente africano ricco e giovane, fatica a riconnetterci con l’essenza della sponda meridionale del “mare nostro”. Eppure oggi siamo chiamati a raggiungere la riva e addirittura a superare la barriera sahariana e collegarci profondamente anche con quell’Africa di sotto. È quest’ultima la prospettiva che indica il vicedirettore generale Fao per il Programma di cooperazione Roberto Ridolfi, col merito di disegnare in chiave di sviluppo umano integrale scenari strategici di un nuovo sviluppo globale.
Il suo documento Africa ed Europa: un legame indissolubile per il bene comune pone con lungimiranza al continente europeo un compito esemplare per le future relazioni con l’Africa. È un indirizzo per interventi concreti e in sintonia col progetto visionario di cooperazione siglato il 12 di questo mese da Coldiretti, Eni e Bonifiche ferraresi per ora col Ghana. Il progetto si propone di stabilire via via interventi esemplari di cooperazione coi paesi dell’Africa sub-sahariana. Si ricongiungono in questo accordo concezioni storiche, che nel dopoguerra portarono da un lato Mattei a tentare sugli idrocarburi un rapporto equo coi paesi del Sud e da un altro Bonomi ad applicare in Italia la più grande redistribuzione di terre ai contadini. Occorrerà fare molta attenzione perché il processo che oggi si avvia si configuri come caso esemplare e ripetibile, individuando leadership africane democratiche e responsabilità condivise. L’assegnazione quest’anno del Nobel per la pace agli equilibri nel Corno d’Africa offre un’ulteriore speranza per chi sceglie l’impegno sullo sviluppo umano integrale.
Questo primo passo porta all’evidenza che sarà la preoccupazione solidale per ciò che è umano e non il concorso dei molteplici egoismi, a fare la ricchezza delle nazioni. Si tratta di stabilire nella pratica il precetto che un partenariato economico è sano se si fonda sulla solidarietà e persegue equamente il bene dei contraenti. Una concezione che è chiaramente definita nelle posizioni programmatiche sull’agricoltura del presidente del consiglio italiano Conte, che sceglie l’azione solidaristica e al XVIII Forum internazionale dell’Agricoltura e dell’Alimentazione tenutosi in questi giorni a Cernobbio, traccia il piano di relazioni per lo sviluppo di Europa e Africa, secondo linee che sono definite dall’ecologia integrale. Dà così corso, in modo concreto, ai propositi accennati dal presidente della Commissione europea Jean-Claude Juncker al Forum Africa-Europa dello scorso dicembre a Vienna, quando auspicava si stabilissero partenariati fra uguali.
Il new deal tracciato da Conte concilia cura dell’ambiente e benessere delle popolazioni, anche quando sceglie il futuro modello agricolo e insieme alle strategie di lotta integrata, atta a ridurre l’uso dei pesticidi, pone l’urgenza dei metodi biologico e biodinamico di agricoltura, come modelli di agroecologia applicata per un nuovo modello agricolo. Questo scenario dà ben ragione della visione lungimirante della Cei, che ha indicato per tempo l’agricoltura biologica al futuro dell’agroalimentare.
In anni difficili per la pace e la giustizia, una leadership europea, che scelga di sostenere la solidarietà transnazionale promossa dai contadini, può divenire istituzione popolare e politica di durata. Proprio in questi giorni Paolo Rumiz, lo scrittore viaggiatore, porta in giro in Europa l’orchestra di 70 adolescenti musicisti da tutti i paesi europei. Nello spettacolo «Canto per l’Europa» sono le nuove generazioni a richiamarci ai valori antichi di un continente accogliente e tollerante.
Rumiz ricorda che ai tempi della caduta dell’Impero, quando tutto sembrava soccombere al disordine e la crisi di legalità e giustizia diveniva crisi alimentare, fu Benedetto, patrono d’Europa, a ridare senso ai territori dilaniati. Col filo infinito dei monasteri scrisse il modello agricolo, che avrebbe ricostruito il continente. Si compiano allora i passi per la scelta di un nuovo modello agroalimentare per i nostri tempi, agroecologico e solidale, che sappia sfamare un mondo in crisi di identità.
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